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al testo proposto da Gianfilippo Gravino
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Dolci pendii dei tetti! Rosei taluni come dei guanciali su cui le diafane nubi abbiano impresse le tenere gote; altri sanguigni come torchi di tramonti e d'aurore, come ceppi per le serali decapitazioni del sole; altri nerastri come letti della funebre notte; altri madreperlacei come se la chiocciola della luna v'abbia lasciata la sua scìa luminosa. Vecchie vele tignose conciate dal sole e dall'intemperie, in secca in un canale senza uscita, valanghe immobili di neve nell'inverno, lividi sgocciolatoi del pianto tedioso della pioggia autunnale, logori asciugatoi dei crepuscoli violetti. Con le loro ventarole di latta, con i loro galletti inverniciati che montano la guardia giorno e notte, con le indorate baionette inastate dei parafulmini, coi loro bianchi e grigi campanili che sbucan qua e là sottili, paracarri di mistici confini: incombono i bigi tetti.
Una verde speranza d'edera s'ostina su una gronda; un glicine dispone lungo un muro la sua solitaria uva gioconda.
Alla sera, sui tegoli rossi, a due a due come suore, fanno la loro scalza passeggiata le colombe soffuse di pallore;
mentre sopra i leggii degli abbaini i gatti scorticano l'acrobatica musica delle stelle con i loro epilettici violini.
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